72Il mio incontro con le chitarre Greci.
L’incontro
Quando ho saputo che Michele Greci, collega docente di Conservatorio, veniva trasferito al Consevatorio di Avellino, dove io insegno, ho provato una sensazione di grande curiosità: finalmente avrei conosciuto – e da vicino – un “personaggio” di cui da molti anni avevo sentito parlare. Mi erano giunte voci di strumenti miracolosi e, come molti, non avendo visto una grande diffusione di questi strumenti, ero abbastanza perplesso, per non dire prevenuto. Il primo incontro con Michele è stato il primo giorno di lezione in Conservatorio; approccio molto diretto, sulla difensiva, come chi vuole mettere dei paletti e subito tenere le distanze per capire in che “ambiente” dove dovrà lavorare probabilmente per diversi anni. Ma è bastata una cena, con la complicità della simpatia degli altri due colleghi, Stefano Magliaro e Adriano Rullo, per sciogliere tutto e gettare le premesse per un rapporto che, oltre a stima e rispetto, veda anche una nascente amicizia. Ma rimaneva però la curiosità di conoscere queste chitarre. Michele mi ha subito tolto questa curiosità proponendomi di provarne alcune.
Le chitarre
Devo dire che dal primo momento che ho messo le mani sulla prima delle sue chitarre, ho provato delle sensazioni molto particolari. Due sono le caratteristiche che mi hanno colpito da subito: omogeneità della produzione dei suoni e facilità dell’uso dello strumento, il tutto adeguatamente “proiettato” da una considerevole potenza. Tutte le note lungo la tastiera, anche quelle del registro sovracuto, hanno una profondità ed una uguaglianza della loro “voce” (note “lupo” totalmente assenti, intonazione perfetta) davvero notevoli. Oltre questo ho notato, specialmente nelle ultime chitarre, una modulabilità del timbro molto consistente lungo la tastiera, in aggiunta ad una rara facilità della realizzazione del vibrato. Ogni registro è pienamente a fuoco: i bassi sono pieni e corposi, i medi hanno una notevole potenza pur conservando una chiarezza che favorisce la distinzione degli stessi in ambito armonico e, in ultimo, i cantini sono sempre sonori ma al tempo stesso brillanti e presenti, senza alcun cedimento, nemmeno nei sovracuti. La cosa che mi ha stupito di più è però il fatto che il passaggio tra i vari registri, ognuno con le proprie caratteristiche, avviene con una modulabilità e una progressività di rado sentite in altri strumenti. Tutto questo si traduce, naturalmente, in una grande facilità dell’uso della chitarra, che consente, a chi ne ha le qualità, di poter suonare al meglio, senza essere “vittima” dello strumento, ma adoperandolo per esprimere se stessi e la propria – se ne è provvisto – arte. Un giorno ho avuto l’occasione di provare uno strumento che Michele mi aveva chiesto di imbracciare e suonare ad occhi chiusi. Era perfettamente negli standard delle altre sue chitarre, ma non vi dico il mio stupore nel constatare che aveva fondo è fasce di cartone pressato, a dimostrazione della bontà del progetto costruttivo che si realizzava a pieno anche con materiali non di pregio…
Il progetto
Michele Greci è, più che un liutaio, un ricercatore che, facendo altro per vivere, ha deciso di portare avanti un progetto in una maniera completamente diversa da tutto quello che hanno fatto e fanno gli altri liutai. Parte importante di questo progetto è la tecnologia costruttiva della cassa armonica che non si basa su catene, come per la liuteria tradizionale, ma, per quanto mi è dato sapere (perché nemmeno io lo conosco), su un complicato sistema di risonatori. E’ chiaro che vendendo i suoi strumenti svelerebbe tale sistema che è, per certi versi, unico. E’ per questo che non ne parla, anche perché un’altra parte del suo progetto è quella di costruire un grande numero di strumenti, circa una quarantina, e di metterli sul mercato tutti insieme svelando cosi implicitamente anche la loro tecnologia costruttiva. Anche questa una scelta originale che dimostra una rara intelligenza ed un approccio originale e nuovo ad un “mestiere” antico.
Non posso che fargli i miei migliori auguri!
Lucio Matarazzo
Avellino, dicembre 2015